violaine hulné works

 

 

critics

adagp member

luciana schiroli

2009 pagine d'autore

“L’importante, per me, è esprimere l’invisibile e il suo mistero. Cerco di rivelare la poesia dell’ignoto coi colori e con le forme, creando un’ armonia di luce e di chiaroscuro” : così mi dice Violaine Hulné nella sua temporanea fermata a Varese, in attesa di migrare. Lei, così vogliosa di luce e di sole, vola verso i cieli e le terre della Toscana : da Parigi a San Gimignano, un lungo percorso fatto di auto, un avvicinamento a quella cittadina di antiche mura e di antiche torri che sembrano voler ravvicinare i due spazi, quello celeste e quello terreno, in una simbiosi perfetta e serena.

Ho visto Violaine muoversi a San Gimignano ; l’ho seguita nelle sue corse nei prati cosparsi di girasoli, l’ho osservata sotto la frescura di una quercia mentre, con la matita, traciava volumi e spazi di un orizzonte dove tante colline si avvicinano, si sommano, si celano a vicenda : e il tutto con una velocità guizzante del gesto per non tradire un’emozione che sconfina oltre il dato contingente e temporale. “Un momento privilegiato” e per Violaine “riuscire a fissare lo spettacolo della natura, questo sogno fatto da svegli”, questo scoprire in sé una tensione gioisa, la stessa che è nelle cose, in quel “giardino sublimato dalla luce “.

In questo tuffarsi nell’incertezza delle cose c’è tutta una tradizione vecchissima, quella cinese, per la quale l’opera d’arte è una chiave “per aprire la porta del cielo”. C’è, nello studio degli effetti atmosferici e luministici, l’amore per il grande Turner, per i suoi infiniti cieli e per i suoi infiniti mari : è questa di Violaine una visione libera e lirica del paesaggio, che viene colto in un modo personale, sciolto da ogni tradizionale impianto prospettico. La luce è dominante e gli stessi colori puri divengono –con la luce- i protagonisti del quadro. Un incontro sempre, la sua opera, tra reale e immaginario, quell’immaginario che solo la luce dorata dell’Italia sa creare. Ed è sempre la luce che trasfigura le forme della città di Praga che, proprio perché evanescente e impalpabile, riacquista la sua magia di città-ponte tra Occidente e Oriente.

“E l’intuizione a guidare la mano” ci dice Violaine Hulné, un artista semplice, sensibile a tutto ciò che la circonda : e ogni aspetto del quotidiano (una strada banale attraversata dalle automobili, oppure una semplice tavola da cucina ancora ingombra di cibi) è un pretesto per cercare luminosità e trasparenze che si dilatano al punto da sfumare i contorni degli oggetti che vivono di nuovi e morbidi valori atmosferici. “Un felice viaggio” è questa esperienza artistica che la fa sentire vicina a un’altra artista, a Maria Elena Vieira Da Silva, la pittrice portoghese che scompagina le struttureprospettiche tradizionali in una trasfigurazione figurativa e fantastica assieme. Quando guardo i quadri di Vieira Da Silva, mi sento a casa mia”. Ed è proprio la materia cromatica che viene esaltata nella sua espressività fino a divenire macchia, unione di spazio e di luce. Un’arte –questa di Violaine Hulné- che nasce dal disegno, dall’osservazione, da quel mestiere troppo spesso dimenticato dagli artisti di oggi : un disegno che è entrare nelle cose, che è trovare l’essenza dgli oggetti, che è quasi rubare l’anima della natura. Ma anche a proposito del disegno, l’artista ci dice che “i miei disegni sono l’incontro tra il paesaggio immaginario e il paesaggio reale, quello che scopro nella realtà”. Una ricerca –questa del segno che diventa disegno- che ha avuto bisogno di tanti anni di studio reale, ma che alla fine è divenuta un tutt’uno col pensiero e col sentimento.

Mi ritorna alla mente lo stupendo saggio di Jean Clair su “Il ritorno al disegno” : ebbene, dopo il livellamento, la monotonia e ‘indifferenziato che caratterizzano tanta parte della produzione artistica degli anni ’60-’70, “il disegno ridivenne il mezzo modesto ma sicuro di riannodare i fili, di ritrovare quel dialogo tra uomo e realtà ; da qui l’innocenza fondamentale di colui che oggi fa il progetto di disegnare. Posto davanti al mondo comme se questo avesse ancora qualcosa da dirgli, egli è di nuovo l’essere nudo e primitivo dell’alba della civiltà. Tutto comincia con il disegno, e con esso tutto può ricominciare”.

Il disegno di Violaine è appunto questo legame con la vita, è ciò che le permette di vedere, di possedere il visibile attraverso un tracciato concreto, che restituisce l’unicità della sensazione. Dal disegno al pastello, tracciato e macchia contemporaneamente, forma e colore assieme ; dal pastello all’acquerello che non autorizza né distrazioni né pentimenti ; dall’acquerello ai colori ad olio, anch’essi mezzo per esprimere visibile e invisibile, perché il mondo della natura è infinitamente superiore all’impero della ragione.

E se le più belle opere di Nicolas Poussin, negli ultimi anni della sua vita, erano poste sotto la duplice insegna del sole e del fulmine, le opere di Violaine Hulné sono poste sotto l’insegna della luce e dell’ombra. In lei c’è la forza dell’intuizione, che scopre l’essenza delle cose, in lei c’è l’émozione, ma di ordine metafisico, perché è al di là della semplice ragione. Un’impresa appassionata questa sua arte, testimone tangibile e immediata di una promessa, non quantificabile e non prevedibile : è la promessa di una creazione personale, e in questo unica.